Innovare. Forse negli ultimi anni questa parola è stata talmente usata e abusata da svuotarla almeno un po’ del suo significato originario. Ecco allora che può essere utile ricordare che il significato letterale di “innovare” è in realtà abbastanza semplice e immediato: significa infatti “mutare uno stato di cose, introducendo norme, metodi, sistemi nuovi” (tale è la definizione della Treccani).

Nel mondo delle aziende, fare innovazione significa introdurre nuove modalità di organizzazione, di produzione o di vendita dei propri beni o dei propri servizi. Si indica cioè un cambiamento positivo che, partendo dalla situazione precedente, permette di fare delle cose nuove e/o migliori. Non è un caso se l’innovazione viene posta stabilmente tra i fattori del successo, per le aziende come peraltro per un paese.

Un business, un’organizzazione, un ente o una realtà incapaci di innovarsi sono destinati, sul lungo termine, a scomparire. Ma come avanza l’innovazione su larga scala, come si diffonde questo processo di azienda in azienda?

Il contagio dell’innovazione

C’è chi ha iniziato a utilizzare dei termini come “virale” o “contagioso” nel mondo del marketing molto, molto prima che il mondo associasse immediatamente questi termini a una drammatica pandemia. Si parla dello scrittore e imprenditore statunitense Seth Godin, che ha avuto un ruolo cruciale nel mutare le fasi operative del marketing moderno.

Godin è autore, tra gli altri libri, anche dell’acclamato “La mucca viola”- La trama di fondo qui è molto semplice: per avere successo sul mercato è necessario distinguersi, quindi mettere in campo tecniche e strategie per diventare la “mucca viola” in mezzo a una mandria di mucche bianche e marroni.

Ma come si crea la mucca viola? Come ci si distingue? Alla base ovviamente ci deve essere un prodotto o un servizio innovativo. Senza un’adeguata strategia di comunicazione e di promozione, però, la situazione non potrà cambiare: si deve quindi iniziare a interagire con delle persone potenzialmente interessate, chiedendo il permesso di comunicare loro il proprio messaggio, la propria offerta (qui Godin parla di “permission marketing”). Si costruirà così un gruppo di followers.

All’interno di questo pubblico l’imprenditore dovrà individuare un gruppo ancora più ristretto di “starnutitori” (così li definisce Godin), ovvero di innovatori che, provato il nuovo prodotto o servizio, potranno diventare degli “agenti di contagio” di novità nei confronti degli altri. É così che si crea la famosa mucca viola ed è così che l’innovazione si comunica, si condivide, si diffonde.

Il “contagio” è destinato a crescere quando chi ha fatto un’esperienza positiva di utilizzo di software e strumenti tecnologici o ne conosce la qualità, poi li segnala ai colleghi. Una segnalazione che può essere remunerata dal partner tecnologico, con una felice ricaduta in termini economici anche per lo stesso segnalatore, che si vede riconoscere una percentuale sulla vendita del prodotto/servizio acquistato grazie al suo passaparola virtuale.

L’imprenditore-segnalatore veicolo di innovazione

Si capisce quindi che l’imprenditore-segnalatore può essere indirettamente fonte di innovazione, presentando novità tecnologiche al proprio pubblico vestendo i panni dello “starnutitore”. Questa tipologia di comunicazione, peraltro, può contribuire a rendere più efficace la propria strategia di personal branding.

La relazione fra cliente impresa e partner tecnologico si fa sempre più attiva e biunivoca con la possibilità, da parte dell’imprenditore, di diventare segnalatore presso i suoi contatti e di valorizzare economicamente questa attività, nel caso si verifichino acquisti da parte del suo network .


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