L’entrata in vigore anticipata della fattura elettronica obbligatoria per i gestori di distributori di carburanti, nonché per le prestazioni nell’ambito di contratti di appalto stipulati con le PA, ha già creato qualche scompiglio. E dire che questo è solo un ristretto apripista.

A partire dal 1° gennaio 2019, infatti, l’obbligo di fattura elettronica tra privati sarà esteso a tutte le partite Iva, ovvero a tutte le operazioni tra persone fisiche e giuridiche nei confronti di altri titolari di partita Iva. E insieme ad esso arriverà per tutti quanti anche l’obbligo di conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche. Non cambia dunque solo l’emissione, ma anche la ricezione e la conservazione.

L’obbligo visto dalla parte della ricezione

La conservazione sostitutiva delle fatture

Si potrebbe pensare che l’obbligo del 1° luglio vada a interessare solo e unicamente i soggetti che dovranno emettere delle fatture per delle cessioni di benzina o di gasolio e per quelli che effettueranno prestazioni in qualità di subappaltatori. Pensarla in questo modo è però semplicistico, in quanto qualcosa cambia immediatamente anche per i soggetti coinvolti passivamente, ovvero per coloro i quali riceveranno quelle fatture.

Se infatti vige l’obbligo di emettere fattura elettronica, per quel dato documento c’è automaticamente anche l’obbligo della loro conservazione – laddove invece nel caso di una fattura elettronica emessa ‘per scelta’ dal fornitore, questo obbligo non esiste. In parole semplici, dunque, chi ricevono fatture elettroniche in regime di obbligo, non può in nessun caso materializzarla per conservarla.

La scadenza

Ne consegue che l’obbligo di conservazione sostitutiva delle fatture elettroniche scatta già il 1° luglio per i soggetti passivi che riceveranno le fatture elettroniche dai fornitori ‘apripista’. Tale condizione, invece, sarà generalizzata – e dunque varrà per tutti – a partire dal 1° gennaio del prossimo anno. Come è noto, la conservazione sostitutiva delle fatture può essere effettuata attraverso un servizio gratuito dell’Agenzia delle Entrate.

Tale applicazione, però, male si presta all’utilizzo di chi deve affrontare più di una manciata di fatture ogni mese, essendo pensato solamente per le realtà che ne possono fare un uso sporadico e occasionale. Il servizio, infatti, manca di funzioni personalizzabili, né permette la memorizzazione di documenti diversi dalla fattura elettronica – per i quali in ogni modo vige spesso l’obbligo di conservazione.

La validità della fattura ricevuta

A partire dal 2019, dunque, faranno fede solamente le fatture ricevute attraverso lo SDI: eventuali fatture elettroniche spedite direttamente dal fornitore saranno delle mere copie, le quali – stando alla normativa – non avranno di per sé alcun valore. In altre parole, dunque, non si potrà sperare di detrarre l’Iva da una fattura che non sia stata precedentemente scaricata dal portale dell’Agenzia delle Entrate. Solo in tal modo, infatti, il documento guadagna un valore giuridico.

Le sanzioni per la mancata conservazione delle fatture elettroniche

Laddove esiste un obbligo ci sono ovviamente anche delle punizioni per chi non lo rispetta. Le sanzioni per la mancata conservazione delle fatture elettroniche nascono sull’onda di quelle relative alla mancata esibizione dei libri, delle scritture contabili e dei documenti fiscali, così come definito nell’Articolo 52 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633/72. L’importo della multa può dunque variare tra i 1.032,91 e 7.746,85 euro.