Lasciare anche ai dipendenti la possibilità di pianificare i propri turni potrebbe essere davvero una buona strategia. Questo il risultato di uno studio portato avanti da tre ricercatori – Michael Beckmann, Thomas Cornelissen, Matthias Kräkel – e pubblicato dal German Institute for Economic Research.

Self-managed working time: uno studio

Lo scopo prefisso della ricerca è stato quello di esaminare teoricamente ed empiricamente l’impatto del self-managed working time sulla produttività degli impiegati. Molti i fattori da tenere sott’occhio: la motivazione intrinseca di ogni singolo lavoratore, il comportamento dei vari gruppi, la parziale perdita di controllo da parte dell’amministrazione, il livello di efficienza lavorativa nei tempi di lavoro dilatati.

Pur tenendo conto di tutti questi diversi elementi, i risultati dello studio sono stati netti: i dipendenti che possono controllare e decidere in autonomia i propri orari lavorano mediamente di più rispetto ai propri colleghi dagli orari fissi e impostati dall’alto.

La pianificazione automatica dei turni di lavoro

In particolare, gli autori dello studio hanno voluto sottolineare quanto possa essere redditizio, in termini di capacità lavorativa, adottare sistemi che permettano ai dipendenti di impostare in autonomia l’orario di inizio e quella di fine della propria giornata lavorativa, oltre che di stabilire le proprie pause e ferie.

Si può dunque comprendere in pieno la necessità, in questo senso, di implementare un software per la pianificazione automatica dei turni di lavoro con funzionalità che consentano la partecipazione attiva e diretta dei dipendenti: grazie a questa gestione avanzata della turnistica le eccezioni quotidiane non rappresenterebbero infatti alcun problema, favorendo così un razionale sviluppo del self-managed working time.

E non è un’inezia: lo studio del German Institute for Economic Research dimostra infatti che le differenti pianificazioni dell’orario incidono concretamente sui livelli di impegno lavorativo.

Fino a cinque ore in più alla settimana

Stando ai dati del German Socio-Economic Panel Study, i dipendenti che possono decidere in autonomia i propri orari finiscono per lavorare mediamente 5 ore in più alla settimana. Per stessa ammissione dei ricercatori, tale differenza aritmetica deve però essere considerata come un dato grezzo.

Per raffinarlo, nello studio si propone di sottrarre 1 ora e 45 minuti da questa cifra, attribuendo questa fetta di lavoro in più a caratteristiche individuali ascrivibili ai singoli impiegati o a determinate aziende. Oltre a questo, per maggiore sicurezza, i tre ricercatori hanno deciso di decurtare altre 2 ore settimanali, le quali potrebbero infatti essere dovute a fattori non immediatamente identificabili.

In conclusione, dunque, l’effetto ascrivibile alla sola politica del self-managed working time è di almeno 75 minuti settimanali. Non tantissimo, dunque, ma nemmeno poco: a supporto di questa tesi, del resto, lo studio presenta notevoli evidenze che dimostrano come l’autonomia organizzativa dei dipendenti non vada a ledere in alcun modo la loro produttività oraria.