I lavoratori precari fanno tutto e sono ovunque. Il numero è in crescita costante da venti anni a questa parte. Lo stato stesso li utilizza in maniera rilevante. Parliamo della sicurezza di contratti e persone che proprio a causa della maggiore flessibilità, rischiano di avere minore formazione e minori misure di prevenzione e protezione. Il risultato ? Indici infortunistici in rapida e costante ascesa.

La sfida di proteggere i lavoratori da infortuni e danni è in atto da anni. La cosa diventa fondamentale per i lavoratori precari (a tempo determinato, somministrati ecc.), che spesso svolgono lavori meno desiderabili, più pericolosi e con meno formazione.

La definizione di lavoro precario fornita dall’International Labor Organization (ILO) prende in considerazione le seguenti condizioni:

  • situazioni incerte nella durata dell’impiego
  • disoccupazione mascherata
  • rapporti di lavoro ambigui
  • mancanza di accesso alla protezione sociale
  • privazione dei benefici
  • stipendi scarsi
  • ostacoli pratici e legali nell’accesso al sindacato
  • assenza di potere contrattuale

Anche la definizione appare complessa: qualsiasi tipo di contratto tranne quello a tempo indeterminato. Ma i dati non coincidono, perché gli enti statali parlano di lavoro a tempo determinato, mentre Eurostat inserisce tutti i tipi di contratto, compresi i part time. Di fatto non esiste una definizione di lavoratore precario né nella normativa relativa alla sicurezza del lavoro né nella contrattualistica (e la cosa potrebbe non essere casuale).

Spesso non ci rendiamo nemmeno conto che buona parte delle nostre attività quotidiane entra in qualche modo in contatto con quanto svolto da lavoratori “temporanei”: nel settore alimentare e nei relativi trasporti, nella ristorazione, nell’industria del tempo libero, nei media (Internet, stampa, radio, tv, cinema), nella costruzione dell’automobile che guidiamo (in ogni parte, gomme, motori, carburanti), nella produzione dei mobili che arredano le nostre case, nonché nell’istruzione.

Sicurezza dei lavoratori e precari: i numeri

I lavoratori precari fanno tutto. Insegnano ai nostri figli, spostano i nostri pacchi nei grandi centri di distribuzione, consegnano qualsiasi cosa, scrivono i giornali che leggiamo, servono in bar e ristoranti, aiutano in tutte le funzioni pubbliche. I lavoratori che possiamo definire non standard operano, in genere e per diverse ragioni, in condizioni di minore tutela e pertanto richiedono una maggiore e una diversa attenzione. La domanda sorge spontanea: come siamo arrivati a questo punto (e quanto costa tutto ciò)?

Le rilevazioni Istat di Giugno 2022 parlano di circa 3 milioni di lavoratori precari in Italia, di cui circa un milione solo nella scuola. Nel dato complessivo si registrano infine circa 500.000 lavoratori somministrati. Parliamo del 15-16% di tutte le persone con un impiego, (l’1-2% sopra la media Ue), ancora lontani dal 26% della Spagna. Negli USA si parla di circa 16 milioni di lavoratori precari. Negli ultimi anni i contratti a termine rappresentano la stragrande maggioranza del totale di tutte le nuove assunzioni (nel 2017 in Lombardia hanno raggiunto i 3/4, in Italia il 79%).

Anche a causa della massiccia carenza di manodopera dovuta ai continui effetti a catena del COVID-19, la richiesta di lavoratori precari è salita ed è più in ascesa che mai. I numeri sono in crescita, in una tendenza che ad oggi appare destinata a diventare stabile. Negli anni scorsi, soprattutto nelle grandi città, il lavoro precario è andato a tamponare carenze nel lavoro amministrativo. Il dato odierno appare invece differente: il lavoro precario continua anche a occupare posizioni amministrative ma la nuova realtà è rappresentata da precari che svolgono lavori prevalentemente definibili come industriali sia leggeri che pesanti. Da uno studio prodotto dal Parlamento europeo per indagare la profondità del fenomeno-precarietà emerge invece che i manager e in generale le posizioni apicali siano quelle in media meno soggette al tempo determinato.

Oggi, insomma, abbiamo lavoratori precari in quasi tutti i settori della forza lavoro. Svolgono lavori sempre più complessi e specializzati. Anche il fattore età appare diverso. Negli anni Novanta del vecchio secolo, il lavoro precario era un retaggio dei lavoratori più giovani. Oggi appare molto più distribuito, e mantiene una connotazione giovane e pre-assuntiva ma si evidenziano anche consistenti fasce di lavoratori definibili come anziani (>55).

Che tipo di controlli fa l’ispettorato sul lavoro?

Di conseguenza le mansioni svolte comportano un rischio sempre più elevato e i numeri dei precari feriti ed uccisi emergono a tassi di tutto rispetto. Il dibattito che ne è scaturito ha però svegliato il legislatore.

Occorre quindi concentrarsi su tutti i risvolti di salute e di sicurezza, che queste attività e questi contratti, possono avere nei luoghi di lavoro. È da tempo che si parla di misure legislative mirate ai lavoratori precari, che si concentrino sia a livello nazionale che a livello europeo, sul pieno rispetto della normativa di sicurezza, in modo che i precari abbiano le stesse tutele di tutti gli altri lavoratori.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha intensificato le sue attività durante il precedente governo Draghi. Stiamo di fatto assistendo ad aumenti di organico che hanno prodotto un incremento delle azioni di contrasto e a indagini più efficaci, con personale più qualificato, che ha a disposizione un arma in più: la sospensione delle attività. Anche nell’anno in corso è prevista l’assunzione di altri 1.000 nuovi ispettori del lavoro.

Le indagini svolte si sono concentrate sulla contrattualistica in tutti i settori, osservando sia i comportamenti dei lavoratori, che soprattutto quelli datoriali. Spesso le carenze partono dai dispositivi di protezione individuale (DPI). Sono scadenti, non certificati, ma anche sottoutilizzati e poco compresi. Altre volte non vengono nemmeno forniti. Sia chiaro: la sicurezza non la fanno i DPI, il testo unico è molto netto in questo. Ma il dato deve far riflettere: in situazioni di lavoro precario, si tende a non dare tutte le necessarie tutele, proprio a causa della temporaneità del rapporto. La sicurezza viene interpretata come costo da non sostenere.

Spesso infine viene chiesto ai precari di svolgere lavori meno desiderabili, le ragioni sono ovvie. I lavoratori precari vengono inseriti in reparti e/o turni con lavorazioni complesse. Manca soprattutto formazione ed addestramento effettuata prima dell’inserimento al lavoro. Sempre il governo Draghi, nella recente miniriforma del dicembre 2021 ha chiarito l’importanza dell’addestramento. Deve essere effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro e teso ad insegnare nel pratico: l’uso corretto e in sicurezza di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale; l’addestramento consiste, inoltre, nell’esercitazione applicata, per le procedure di lavoro in sicurezza.

Manca infine la supervisione e il controllo di persone esperte che insegnino attivamente quali siano i rischi della mansione e sorveglino che tutto venga svolto con buon senso.

Sicurezza sul lavoro e precariato: cosa fare allora?

È necessario quindi, anche in qualità di professionisti della sicurezza:

  1. Documentare le revisioni dei documenti della sicurezza, che devono essere modificati anche sulla base dei contratti effettuati
  2. Effettuare valutazioni del rischio preliminare. Quale mansione precaria, quali rischi
  3. Predisporre precise procedure di ingresso dei lavoratori precari che prevedano valutazioni dei rischi (tutti), sorveglianza sanitaria, formazione e DPI
  4. Fornire informazioni precise sulla mansione e sulle attività che i precari andranno a svolgere
  5. Effettuare formazione specifica prima dell’inizio dei contratti
  6. Collaborare con dirigenti e preposti sulla gestione del rischio e sulla relativa formazione
  7. Programmare vigilanza e controlli (n quest’ultima fase siamo molto carenti. Tutti)
  8. RSPP attivi che dedichino maggiori attenzioni alla comunicazione, alla formazione dei rischi e ai relativi audit

Il rischio non può essere ridotto a zero, nemmeno nelle organizzazioni più sicure: è la prima cosa che si insegna all’università. Tuttavia si può gestire e ridurre. Volendo (e investendo) anche molto.

Tutti i dipendenti, con qualsiasi contratto hanno la responsabilità (art. 20 D.Lgs 81/08) e l’obbligo di seguire le procedure di sicurezza, nonché di svolgere in sicurezza i propri compiti. D’altro canto anche i datori di lavoro hanno la responsabilità (art18) di fornire un luogo di lavoro sano e sicuro, oltre a tutto quello qui sopra accennato. Non ultima la sovrintendenza che i preposti sono obbligati a svolgere ai sensi dell’art. 19.

Perché accadono gli incidenti sul lavoro?

Gli infortuni sul lavoro di qualsiasi frequenza o gravità si verificano sempre per uno o più motivi. Succedono a causa di errori. Spesso si commettono errori nella progettazione e nella pianificazione delle attività e delle attrezzature coinvolte, dei loro processi e nel mantenimento della conformità ai requisiti normativi.

Molto spesso gli infortuni si verificano perché ai dipendenti non viene fornita una formazione e una supervisione efficaci. Questo assume importanza vitale per coloro che lavorano con contratti temporanei e proprio per questo comprendono quanto velocemente potrebbero essere sostituiti. Data la necessità di mano d’opera, spesso anche le agenzie di lavoro interinale, faticano a porre le domande giuste e a valutare i rischi prima di collocare i lavoratori in ambienti di lavoro nuovi e complessi.

Ad aggravare il problema, c’è il fatto che spesso i lavoratori temporanei sono desiderosi di compiacere i datori di lavoro e di stabilizzare la loro posizione lavorativa. In moltissimi casi sperano in una possibilità di “diventare indeterminati” nell’organizzazione in cui sono stati inseriti. Anche per questa non trascurabile ragione, i lavoratori precari possono commettere errori di valutazione e fare cose per cui non sono addestrati o qualificati, esponendo così se stessi e gli altri a rischi ben maggiori di lesioni e/o incidenti.

Per questi contratti, o per meglio dire per questi lavoratori, oltre alla insicurezza del posto di lavoro e alla scarsa integrazione nell’organizzazione aziendale, si aggiungono spesso orari prolungati, frazionati, a turni, ritmi elevati, interconnessione costante attraverso tecnologie informatiche. Diversi studi riportano l’associazione tra lavoro precario e i seguenti problemi di salute:

  • Maggiore incidenza di infortuni e incidenti
  • Livelli ridotti di benessere mentale
  • Aumenti di disturbi relativi ad ansia, depressione e burnout
  • Aumento del rischio di malattie cardiocircolatorie (e coronariche in particolare)
  • Disturbi del sonno
  • Disturbi gastrointestinali
  • Disturbi comportamentali: fumo, alcol, droghe e farmaci, dieta scorretta e non sana

Molte organizzazioni teorizzano “La sicurezza prima di tutto“, ma spesso non è vero. C’è un problema di priorità. Soddisfare gli azionisti e il mercato, mantenere le posizioni conquistate e il fatturato, così come combattere la concorrenza sono le priorità assolute del post covid e spesso è proprio la sicurezza l’elemento che per primo viene tralasciato.

Ma gli infortuni possono verificarsi, e si verificano, anche quando l’attenzione di tutti è rivolta alla sicurezza. Tutte le organizzazioni sono in qualche misura destinate a incontrare problemi che devono essere affrontati correttamente. Avere in forza lavoratori, che sperimenteranno cammin facendo i rischi specifici delle attività, il più delle volte senza averne esperienza diretta, complica molto la situazione.

Gli RSPP e in generale i professionisti della sicurezza devono dedicare maggiori risorse e più tempo e attenzione a comunicare adeguatamente ai lavoratori, sia in merito agli aspetti fondamentali del lavoro da svolgere, che soprattutto ai rischi associati alle varie attività ad attrezzature/sostanze. Qualsiasi cosa venga intrapresa, e indipendentemente dalla forza delle soluzioni e degli investimenti effettuati, il successo alla fine si riduce molto semplicemente a quanta sorveglianza viene effettuata e alla preparazione e sensibilità dei preposti (e degli RSPP) che sono chiamati a vigilare.

  1. Vedono rischi e comportamenti?
  2. Hanno un quadro generale?
  3. Come comunicano con i lavoratori?

Sicurezza dei lavoratori precari: contratti precari, pericoli stabili

Sulla base di ciò che abbiamo visto, i luoghi di lavoro meno sicuri avranno livelli di conoscenza del lavoro minori e tassi assicurativi INAIL (e non) in deciso e costante aumento. Il pensare al lavoro temporaneo come a una soluzione rapida per accogliere le richieste di mercato del momento, senza riconoscere la miriade di problemi complessi e dei relativi tecnicismi giuridici, legati a un’assunzione precaria, spesso mette in difficoltà le organizzazioni (soprattutto a infortunio avvenuto).

Contrariamente a quello che si possa pensare, servono più tempo ed energia per garantire che i lavoratori precari siano pronti a svolgere il compito a cui sono chiamati. I costi sono maggiori (e spesso sottovalutati).

Tuttavia, di solito i lavoratori precari sono assunti per essere testati in vista di una futura assunzione. Vengono trattati con le stesse attenzioni di un lavoratore stabilizzato, avendo quindi accesso alle stesse attrezzature, e con le solite attenzioni. La normalità è che si integrino nella cultura dell’azienda e diventino membri pienamente produttivi del team. Trattare i lavoratori temporanei in modo diverso ha poco senso anche dal punto di vista legislativo.

Percorsi futuri per la sicurezza dei lavoratori precari

Uno dei vantaggi della pandemia di COVID-19 è che l’impossibilità delle organizzazioni di continuare la formazione in presenza, si sia tramutata di fatto in investimenti sulla formazione in remoto, online, realtà virtuale/realtà aumentata e altre tecnologie di formazione innovative.

Questi stessi strumenti e piattaforme ad oggi possono essere utilizzati in via preventiva, per garantire ai lavoratori precari la formazione necessaria prima di iniziare un nuovo lavoro.

È quindi importante investire maggiori risorse per la salute, la sicurezza e la protezione dei lavoratori temporanei e considerarne i costi. È fondamentale affrontare alcuni rischi comuni legati al lavoro interferenziale e offrire risorse su molti argomenti, tra cui:

  • La formazione in materia di salute e sicurezza
  • L’addestramento
  • La consegna e la formazione sui DPI
  • I documenti di sicurezza, le procedure, le istruzioni operative
  • E tutto quello che può essere di aiuto per un inserimento in sicurezza delle nuove persone

Meglio ancora:

  • Utilizzare linguaggio semplice, per una formazione efficace e non solo obbligatoria
  • Pensare di essere in grado di formare in più di una lingua
  • Fare un giro degli stabilimenti, verificare con mano, chiedere e chiarire i dubbi
  • Discutere in modo proattivo le complessità del nuovo impiego con i lavoratori temporanei per supportare al meglio le loro attività, in sicurezza
  • Prevedere un inserimento ponderato e controllato del lavoratore precario in rapporto alle sue capacità e alla sua preparazione professionale, dopo un opportuno affiancamento e addestramento da parte di personale esperto
  • Evitare l’affidamento di operazioni che espongano i precari a rischi rilevanti se non dopo attenta valutazione e relativa preparazione
  • Le procedure di lavoro dovranno essere progettate e pensate per tener conto delle caratteristiche dei lavoratori precari e non riferirsi genericamente ai soli lavoratori cosiddetti standard
  • Indispensabile infine la funzione di controllo da parte dei preposti, meglio chiarita ed esplosa dalla miniriforma del T.U. del 2021. Controlli e vigilanza maggiormente puntuali, sulle modalità di esecuzione delle diverse operazioni affidate ai lavoratori

È giunto il momento di investire in una cultura della sicurezza per tutti i lavoratori, in particolare per i lavoratori precari su cui le organizzazioni ormai hanno iniziato a fare maggiore affidamento.


Vuoi saperne di più sulla sicurezza sul lavoro?

Scopri le soluzioni