Il tema della ristorazione, dal punto di vista imprenditoriale, viene vivacemente trattato da diversi punti di vista e differenti media (dalla TV ai Social). Talvolta le idee sono divergenti, ma tutti gli addetti ai lavori condividono la passione per il proprio mestiere, l’orgoglio del ruolo e la cura per il cliente. Sono elementi fondamentali. Ma possono bastare per la tenuta e lo sviluppo di un’attività legata alla ristorazione? Ne parliamo con Matteo Pittarello, imprenditore della ristorazione, filosofo, fondatore e CEO di Strooka.com.

Entriamo subito nel merito di quanto, secondo lei, sia fondamentale il dialogo digitale con il cliente per stabilire una relazione destinata a durare nel tempo in termini di fidelizzazione.

I ristoranti, molto spesso inconsapevolmente, hanno moltissime informazioni sui loro clienti: hanno informazioni sulle loro abitudini, gusti, composizione della loro famiglia, o del gruppo di colleghi dell’ufficio. Queste informazioni però sono raramente organizzate in modo digitale. Sono nascoste in agende, appunti, o memoria del singolo ristoratore. Il cliente però merita di essere riconosciuto, trattato con cura. Ciascuno di noi ama sentirsi riconosciuto quando entra in un locale, ci sentiamo importanti. Nel 2021, se vuoi avere una relazione con il cliente, è necessario avere degli strumenti digitali che ti aiutano in questo. Conosciamo molto meglio il cliente digitale di quello fisico. Nessuno di noi è in grado di rispondere a una domanda tipo: “qual’è stato il piatto più comprato dalle donne negli ultimi sei mesi nel tuo locale?” Senza uno strumento adeguato. Oppure “quanto hanno comprato i migliori 30 clienti nelle ultime 2 settimane?”. Poter fare queste domande e avere risposta aiuta a orientare il busienssa, disegnare l’offerta, intercettare i bisogni. In sintesi, consente di rendere più felici i nostri clienti, farli sentire tutti più importanti. Il cliente soddisfatto, felice, che si gode la serata perchè importante e riconosciuto, ordina più facilmente un dessert.

Lei hai sostenuto che in tanti anni di ristorazione e impresa quello che ha capito è che “Tutto quello che può essere automatizzato, deve essere automatizzato”. Può spiegarci come applicare questo concetto alla ristorazione?

È un concetto che vale al di là della ristorazione, ma nella ristorazione vale a maggior ragione, per molti motivi. Innanzitutto da un punto di vista puramente pragmatico: tutto lo sviluppo tecnologico va verso l’automazione, quindi quello che non lo è oggi, prima o poi lo sarà, è solo questione di tempo. Se sei in grado di individuare i processi che non aggiungono valore all’esperienza relazionale del cliente, nella vendita o nel supporto alle decisioni, è bene iniziare quanto prima il processo di automatizzazione degli stessi. Quando sarà necessario farli, perchè inevitabile, il costo di trasformazione sarà troppo alto.

Inoltre, molti processi della ristorazione non sono percepiti come differenzianti o di valore per il cliente finale (input di dati in un sistema, gestione delle prenotazioni, gestione degli ordini ecc…), perchè non aggiungono nulla all’esperienza o al ricordo del cliente. Pertanto, se esiste (ed esiste) una versione digitale dei lavori che non migliorano l’esperienza del cliente, va adottata. Per il bene delle aziende, e anche dei lavoratori, che potranno e dovranno deidicarsi alla cura dei clienti, alla vendita e alle attività a vero valore aggiunto.

Nelle Sue attività di comunicatore ha dichiarato: “Nessuno viene da te per mangiare bene” e che “La ristorazione non ha nulla a che vedere con il cibo”. Può dirci il suo pensiero su quanto sia importante la gestione della tecnologia per un imprenditore della ristorazione?

La tecnologia è un abilitatore fondamentale dell’idea dell’imprenditore. Quando un cliente esce per andare a cena, non lo fa perchè ha fame o perchè vuole degustare qualcosa di buono. Diciamo che quello è il modo in cui viene soddisfatto un altro bisogno, che è quello di socialità, di relazionarsi, di evadere, di fare un’esperienza differente. Chi ha fame, apre il frigo. La tecnologia serve in store per consentire al ristoratore di dedicarsi maggiormente ai clienti, mentre serve al delivery dello stesso ristoratore, per consentirgli di costruire l’esperienza del suo brand nel modo più coerente possibile. È importante che il delivery a casa generi il ricordo, la suggestione della cena al ristorante. Per fare un esempio: la pizza napoletana a casa è pessima, perchè se non è consumata appena fuori dal forno, perde tantissimo calore e tanta umidità. Più è calda all’uscita dal forno, più è veloce il suo raffreddamento. Arriverà a casa in condizioni tali per cui l’esperienza è rovinata. Se però si riesce a ingnegnerizzare il prodotto, ridurre al minimo i tempi di preparazione, gestione e consegna, si disegna un packaging adeguato, e magari si guida il cliente in un processo di acquisto coerente, l’esperienza a casa diventa piacevole e il brand ne giova.

La sua esperienza personale l’ha portata a formulare uno strumento per rispondere a precise esigenze. Da più di 10 anni è nato Strooka.com , il primo strumento pensato per tutti i ristoratori che vogliono automatizzare tutte le interazioni digitali con i clienti. In cosa consiste e che sviluppi futuri potrà avere?

Come ristoratore ho vissuto tutte le frustrazioni, le difficoltà e le gioie del lavorare in uno dei settori più divertenti e faticosi del mercato.

Quando entrato nel settore della ristorazione, venivo da una lunga esperienza come consulente di logistica. Ovviamente mi sono reso conto immediatamente che logistica, gestione dello spreco (di risorse, di tempo, di soldi e di competenze) e digitalizzazione erano concetti che ancora faticavano (e per certi versi faticano ancora) a entrare nel vissuto quotidiano degli imprenditori del settore.

Ho cercato di risolvere la maggior parte di queste frustrazioni automatizzando processi, soprattutto quelli burocratici, di data entry e gestione ordini da canali differenti (una cosa ormai consolidata nel settore “cugino”, il turismo, ma inspiegabilmente allora inesistente nel nostro), con un software che risparmiasse al cassiere ogni operazione che comportasse il rischio di un errore di trascrizione, o altre inefficienze.

Da lì è iniziata di fatto l’avventura di Strooka, che ha permesso di ridurre del 70-80% le attività burocratiche che si svolgono in cassa (inserimento ordini su gestionale, gestione notifiche ai clienti, comunicazioni di stato, gestione dei picchi, decisioni di priorità logistica ecc…).

Gli store manager possono ricevere e processare molti più ordini (senza essere più il collo di bottiglia dell’organizzazione) e seguire i clienti con migliore cura, aumentando vendite, scontrino medio e soddisfazione del cliente finale.

Quanto conta la qualità e la raffinatezza della cucina? Lei ha affermato che “su 20 clienti uno solo sa distinguere il pollo dal manzo. Il 100% di tutti i clienti invece è sempre alla ricerca di un’esperienza indimenticabile”.

La qualità del prodotto è importante, ma, soprattutto in Italia, questa cosa è data per scontata. Viviamo fortunatamente in un paese dove mediamente la qualità dei prodotti nei ristoranti è molto alta, ma non è un vero elemento differenziante, sicuramente non quanto i ristoratori medi credono. Sicuramente i clienti parlano di qualità molto di più di quanto ne capiscano, sollecitati da show televisivi e programmi radiofonici.

Il vero ruolo della qualità è quello relativo alla fidelizzazione: se un cliente ha un’esperienza eccezionale, ma mangerà in modo scadente, magari gli resta un bel ricordo, ma non tornerà facilmente al ristorante che magari lo aveva incuriosito per qualche altro motivo. Se però avrà mangiato sufficientemente bene, tornerà, perchè oltre a una bella esperienza, avrà un motivo in più per tornare.

Quanto conta la qualità e la raffinatezza della cucina in una ben più generale conduzione di un’attività di ristorazione? Lei stesso ha affermato che “la ristorazione non è nel business della vendita del cibo ma in quello del divertimento”.

Siamo nel business dell’intrattenimento. Il vero concorrente del ristorante non è un altro ristorante o la cena a casa. È il teatro, il cinema, un concerto, una gita furoiporta, un film a casa.  Chi va al ristorante o ordina a domicilio non lo fa perchè ha fame. Quando qualcuno ha fame, apre il frigo.

Qualità e raffinatezza della cucina sono elementi di contenuto di un’esperienza più ampia e concorrono a popolare il ricordo di una serata speciale. Sono elementi di discussione per una conversazione da fare il giorno dopo coi colleghi, o per intrattenere gli amici facendo i complimenti a questo o quel cuoco. Sono elementi che popolano la sfera della socialità, delle relazioni e delle emozioni del cliente. Al ristorante non si va per fame, si va per un’esigenza sociale. La ristorazione è la prima forma di evasione, è una coccola che ci regaliamo, o il modo più immediato che abbiamo per celebrare qualcosa o qualcuno: è un lusso che chiunque può sempre permettersi.