Valutare gli effetti della contaminazione dell’aria indoor è di fondamentale importanza per determinare le ripercussioni sul comfort degli occupanti di un edificio. Comprendere e controllare gli inquinanti comuni può aiutare a ridurre il rischio di problemi di salute in ambienti chiusi.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che il 23% della mortalità globale totale e il 26% dei decessi nei bambini piccoli sono causati da ambienti malsani, cioè ambienti inquinati con fattori esterni di rischio fisico, chimico o biologico che possono influire sulla salute delle persone.

Gli effetti sulla salute degli inquinanti dell’aria indoor possono essere riscontrati subito dopo l’esposizione oppure anni dopo. Per questo, per determinare le eventuali ripercussioni, oltre alla misura della concentrazione degli agenti inquinanti, è necessario definire anche la durata dell’esposizione: “short-term” ovvero inferiore alle 24 ore o “long-term” cioè della durata di più settimane.

L’attuale situazione di emergenza pandemica ha inoltre posto l’attenzione su fattori legati alla trasmissione di agenti patogeni e virus quali per esempio l’alta concentrazione di CO2 e particolato.

Principali sostanze

L’aria è una miscela complessa che tipicamente contiene anche più di 200 agenti inquinanti. La European Respiratory Society ha individuato fra i principali agenti inquinanti presenti nell’aria indoor le seguenti sostanze:

  • monossido di carbonio (CO)
  • anidride carbonica (CO2)
  • biossido o triossido di azoto (NO2 – NO3)
  • idrocarburi policiclici aromatici (PHAs)
  • particolato (PM2.5, PM10)
  • composti organici volatili (VOCs)
  • allergeni (acari della polvere, muffe, pollini, allergeni da animali)
  • formaldeide
  • radon
  • contaminanti biologici
  • ozono (O3)

Gli inquinanti dell’aria interna possono essere suddivisi nelle seguenti categorie:

  • gassosi
  • particelle (fibre, particelle organiche)
  • biocontaminanti (come allergeni, batteri, muffe)

Quando indoor significa l’aula della scuola

Le aule scolastiche da ormai molti mesi sono sotto i riflettori. Il ricorso generalizzato alla didattica a distanza ha determinato problematiche ben documentate che hanno influito anche sulla qualità della formazione degli studenti. Questi fattori hanno contribuito a portare le autorità competenti, laddove ciò fosse possibile e sicuro, a privilegiare l’attività didattica in presenza già nella seconda fase della pandemia.

Se da un lato la ripresa delle attività in presenza ha portato a una normalizzazione del processo formativo, dall’altro non ha tenuto conto della corretta gestione delle condizioni ambientali all’interno delle aule che troppo spesso sono state sottovalutate.

Già in condizioni normali, l’elevata concentrazione degli elementi elencati sopra può determinare cali dell’attenzione negli studenti e favorire la diffusione di malattie respiratorie.

L’elevato numero di studenti presenti in aula, caratteristica sempre più comune nelle scuole italiane, è sicuramente un fattore da tenere in considerazione quando si pensa alla qualità dell’aria.

Ma è sufficiente aprire e finestre?

Spesso il patrimonio edilizio a disposizione delle istituzioni scolastiche è vetusto e privo di impianti di aerazione adeguati.

Nell’attuale situazione, per rispettare le indicazioni delle autorità competenti in relazione alla prevenzione della diffusione del virus, l’unica azione correttiva effettivamente intrapresa è l’apertura delle finestre delle aule a intervalli regolari in modo da favorire il ricambio d’aria.

Una scelta poco efficace e soprattutto inefficiente. Aprire le finestre in pieno inverno favorisce certamente il ricambio d’aria, ma spesso si fa entrare aria inquinata proveniente dall’esterno. Pensiamo alle scuole che si trovano nei centri cittadini dove il traffico veicolare è molto intenso.

Un altro aspetto che viene trascurato è la dispersione di calore. Spesso si fa esperienza di quanto gli ambienti scolastici siano freddi, collegando il problema all’inadeguatezza degli impianti di riscaldamento. L’apertura delle finestre rappresenta un ulteriore motivo di inefficienza dal punto di vista dei consumi energetici e favorisce la dispersione di quel calore faticosamente prodotto a caro prezzo.

Il monitoraggio

Appare chiaro come quelle descritte sopra non possano essere contromisure adeguate. Il primo passo è invece un corretto monitoraggio della qualità dell’aria. Sul mercato sono presenti diversi dispositivi più o meno sofisticati che consentono di rilevare le concentrazioni delle principali sostanze nocive ma non solo.

Alcuni sensori consentono di individuare la presenza di gas radon, problematica particolarmente sentita in alcune parti d’Italia, e anche l’intensità dei campi elettromagnetici. Un altro agente inquinante di cui spesso ci si dimentica.

Dal monitoraggio alle azioni per migliorare l’aria indoor

Una piattaforma software particolarmente evoluta, associata a sensoristica come quella descritta, consente di realizzare un sistema di monitoraggio continuo e in tempo reale che, attraverso l’attivazione di allarmi al superamento delle soglie critiche di concentrazione, possono mettere in guardia gli occupanti degli ambienti e scatenare le azioni conseguenti: dalla semplice, ma inefficiente, apertura di una finestra, all’aumento della velocità di funzionamento degli impianti di trattamento aria, per arrivare fino all’attivazione di sistemi di depurazione dedicati.


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