La programmazione, la condivisione delle soluzioni, e soprattutto il modo di gestire i rischi, uniti ad un impegno concreto possono portare a risultati eccezionali. Il percorso che la Formula Uno ha fatto in questi anni, è sotto gli occhi di tutti, e brilla per efficienza e positività.

Incidenti mortali in Formula Uno: le cifre

La Formula Uno ha registrato una media di più di un incidente mortale all’anno fino al 1994, anno in cui nel gran premio di San Marino a Imola si sono registrati i decessi di Ayrton Senna e di Roland Ratzenberger. In pochi ricordano che anche un terzo pilota, Rubens Barrichello, rimase gravemente ferito nello stesso week end. I numeri sono molto chiari.

  • 43 morti  in 41 anni. (dal 1953 al 1994. 31 in gara, 4 in gare minori, 8 in test)
  • Un solo incidente in 28 anni (dal 1994 ad oggi).

Dopo questi tragici episodi, la Formula Uno si è fermata a riflettere e a progettare il futuro.

Dal 1994 ad oggi, si è registrato un solo incidente mortale in 28 anni di sport ai massimi livelli (il francese Jules Bianchi in Giappone nel 2014).

Si tratta di un cambiamento impressionante, sicuramente non frutto del caso, e che insegna che una serie importante di tecnologie e accorgimenti, uniti tra loro può fare una sostanziale differenza anche in termini di vite umane.

La condivisione delle soluzioni

Nell’immediatezza del post-incidente, furono indette diverse conferenze stampa, in cui si univa sostanzialmente il dramma delle famiglie di Senna e Ratzenberger, al disastro manageriale e sportivo oltre che di immagine della stessa Formula Uno. Senza nasconderlo.

In quei precisi istanti si è deciso, anche grazie a una leadership forte e incontrastata (Max Mosley e Bernie Ecclestone su tutti) che eventi simili avevano il potenziale di decretare la fine della Formula Uno per come eravamo abituati a concepirla, sia in termini economici che umani.

I leader (in questo caso diventati ‘safety leader’) chiesero in maniera decisa, come mai era stato fatto in passato, a tutti gli ingegneri e a tutte le professionalità impegnate nella Formula Uno di rivolgere la loro esperienza e tutte le loro attenzioni alla sicurezza, ma soprattutto cosa estremamente innovativa, condividendo con tutto il paddock, tutte le innovazioni che ognuno di loro avrebbe escogitato.

A prima vista, una semplice dichiarazione di intenti, comprensibile nel momento drammatico in cui è stata enunciata, che di solito passato il momento emotivo, non arriva assolutamente a nulla.

Le innovazioni per la sicurezza in Formula Uno

Ed è proprio qui, che si rileva l’eccezione, il cambiamento, la grande differenza.

Negli anni, si è registrato un fiorire di innovazioni estremamente importanti anche prese una per una, ma che condivise fra tutti, hanno rappresentato una profonda differenza quali:

  • Pareti dei pneumatici più profonde,
  • Aree di scorrimento più lunghe,
  • Tutori per la testa e il collo,
  • Migliori dpi (scarpe, tute, sotto casco, sottogola, guanti, casco ecc),
  • Il largo utilizzo della safety car
  • Cellule di sopravvivenza migliorate,
  • Attacchi delle ruote vincolati in modo da non perdere mai le ruote,
  • Il sistema HALO ovvero quella gabbia sull’abitacolo a protezione del pilota, tanto contestato fino a quando lo scorso anno ha salvato la vita ad Hamilton.
  • La versione F1 della “scatola nera”

Oltre a questi, tanti altri accorgimenti, adottati all’unisono, in contemporanea e senza polemiche da tutte le scuderie del circo.

Il lavoro di squadra gioca un ruolo fondamentale per la sicurezza

Non serve essere esperti di automobilismo per capire che l’effetto dell’insieme degli sforzi di più persone hanno radicalmente cambiato il corso della storia di questo sport e della sicurezza automobilistica in generale.

Pochi mesi dopo quel nefasto week end di Imola, sempre nel 1994 in Germania si registra un pauroso incendio che coinvolge il padre di Max Verstappen, a causa di una modifica maldestra all’attacco del carburante della Benetton, ma l’attenzione alla sicurezza che caratterizzava quei mesi, soprattutto il coinvolgimento attivo di tutto il personale del box Benetton, fece rispondere rapidamente e con successo la squadra dei meccanici come e meglio di una squadra di pompieri.

Il pilota ha registrato lievissime ustioni, in un incendio che appariva spaventoso e che potenzialmente poteva avere conseguenze importanti, anche per le persone e i materiali contenuti nel box stesso.

La diffusione della cultura della sicurezza

La responsabilizzazione degli operatori, unita alla attenzione alla sicurezza, si rivela determinante almeno quanto la forte leadership di quegli anni.

A dieci anni da Imola, anche le prassi introdotte a seguito dell’incidente di Bianchi del 2014, hanno cambiato la gestione della sicurezza.

In questo caso l’attenzione di tutte le scuderie si è concentrata sull’ analisi dei dati, prima, in tempo reale e anche dopo ogni evento e sull’uso di sofisticate tecnologie di simulazione. (tecniche in costante/continua espansione).

Grazie a queste tecnologie i piloti guidano su circuiti del tutto nuovi, dopo averli provati centinaia di volte nel simulatore, ben sapendo esattamente cosa potrebbe andare storto, dove, quando e perché, nelle varie situazioni meteo o cambiando configurazione del veicolo.

Questo approccio proattivo ovviamente offre molte opportunità per lavorare a monte dell’incidente, lavorando per prevenire tutto quello che può essere rischioso, anche dal punto di vista del comportamento umano, altro grande argomento e sfida di questi ultimi anni.

Conclusioni

Uno dei limiti principali della sicurezza nei luoghi di lavoro è rappresentato dalla sensibilità, dalla consapevolezza e dell’attenzione che tutti i lavoratori hanno nei confronti dell’argomento.

Dopo un intervento formativo, soprattutto se progettato bene e con docenti capaci e coinvolgenti, è facile vedere come il livello di attenzione ai temi della sicurezza sia più percepito e percepibile, per una o più settimane per poi tornare lentamente ai livelli iniziali.

Sappiamo tutti che un cambiamento durevole, richiede un cambio culturale più profondo.

La storia della Formula Uno insegna che lo sforzo comune di tutti gli attori, dai progettisti ai meccanici, passando per i piloti e i leader hanno contribuito a cambiare “il modo di fare le cose” ovvero la cultura della sicurezza di questo ambiente, rendendola concreta nei fatti, ed è quanto possiamo anche solo augurarci nel mondo del lavoro.

Questo laboratorio di idee, non dimentichiamo che è anche un grande veicolo di interessi economici, quindi potrebbe dare l’esempio in modo che si possa iniziare a pensare a condividere le soluzioni migliori nei comparti produttivi più rischiosi.

I piloti non sono andati più piano in questi anni, le auto non hanno subito radicali cambiamenti estetici o dinamici, i meccanici continuano a fare pit stop pericolosi da due secondi netti, gli incidenti sono all’ordine del giorno come e più di prima, ma tutti e ripeto tutti hanno lavorato per cambiare la progettazione, la programmazione e la gestione dei rischi di uno degli sport più pericolosi in assoluto, lavorando anche sul comportamento delle persone.

Le cifre (impressionanti) dei risultati ottenuti sono lì a dimostrarlo.


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