Stiamo entrando in una nuova era per il mondo produttivo: oggi le organizzazioni devono (e possono) riprogettare processi e prodotti all’insegna di una maggiore sostenibilità, flessibilità e soprattutto sicurezza. Quali strategie adottare per il futuro e come prepararsi alle sfide future, sono le principali domande a cui cerca di rispondere il report dell’Osservatorio Zucchetti HR 2023 pubblicato in questi giorni. 

Tra i numeri, le sfide e gli obiettivi delle direzioni HR di oltre 1000 aziende italiane, in relazione all’avvento del digitale, emerge un argomento interessante e molto discusso in questi mesi: il tema della sostenibilità. Lo sviluppo di relazioni tra il mondo della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e i temi ESG, può avere impatti importanti e innegabili vantaggi.  

I dati salveranno il mondo (da priorità critiche a priorità strategiche) 

Inizio quest’articolo con una domanda che vuol porre il dubbio: che cosa succederà al nostro lavoro? Cosa ne sarà in futuro e cosa lasceremo?  

Negli ultimi tre anni, che qualcuno definisce come “metafisici”, il mondo del lavoro è cambiato radicalmente. L’imprevedibilità della pandemia, unita a incomprensibili interruzioni della catena di approvigionamento (ad es. dei microchip) e in rapida successione la guerra in atto hanno creato preoccupazioni di carattere economico, instabilità geopolitiche, inflazione e insicurezza nella nostra vita quotidiana e di riflesso anche nel mondo produttivo. Proprio la guerra in Ucraina ha dato un grande impulso alla ricerca di alternative ai combustibili fossili e forti investimenti si sono rivolti verso le fonti rinnovabili, come mai era avvenuto in passato.  

La risposta a tutti questi cambiamenti e alle domande poste all’inizio è proprio la necessità di una maggiore sicurezza in ambito lavorativo e uno sguardo molto più attento che in passato sull’impatto che il lavoro ha oggi e soprattutto avrà sul pianeta. È tempo che questi temi diventino progetti direzionali, coinvolgendo il top management delle organizzazioni. Lo stesso Covid 19 ha dimostrato che un’emergenza si affronta con una buona gestione HSE (Health, Safety and Environment) e che le persone devono essere al centro della gestione stessa. 

Sempre più spesso le organizzazioni (alcune per obbligo, altre per policy) prendono atto del rapporto obbligato che esiste tra le tematiche HSE e quelle ESG (Environmental, Social and Governance). Man mano che le organizzazioni approfondiscono gli argomenti e i modi per raggiungerli, molte realtà produttive italiane hanno iniziato a trasformare la tradizionale gestione HSE verso una pianificazione più orientata verso i temi della ESG. La gestione della sicurezza che farebbe parte della S (per Sociale) della ESG è ritenuta una parte essenziale per raggiungere e mantenere una maturità per le finalità ESG. Quando si parla di ESG invece spesso la comunicazione è limitata alle questioni ambientali (E). Tutti dimenticano infine la parte di Governance (G). 

Oggi fare innovazione passa obbligatoriamente attraverso questi parametri. 

Le tematiche HSE ed ESG, infatti, stanno passando in questi mesi da priorità critiche sotto tanti punti di vista (legale, immagine, costi, non produttività ecc.) a priorità strategiche, in cui la conformità alle norme e la sicurezza dei lavoratori possono di fatto migliorare un quadro aziendale ben più ampio e condiviso. L’obiettivo rimane quello di sconfiggere l’antica dicotomia diffusa nelle organizzazioni fin dal secolo scorso: 

  • da un lato la sicurezza è sempre stata vista come mero adempimento ma anche come costo importante e sterile, negli ultimi anni poi il ‘peso’ è stato aggravato da ulteriori obblighi dati dalla responsabilità amministrativa (Dlgs 231/01) 
  • dall’altro lato la consapevolezza che infortuni, incidenti ed emergenze sul lavoro possano mettere a repentaglio società e organizzazioni (ad esempio gli effetti di una pandemia). 

La soluzione può essere rappresentata dall’importanza fondamentale che hanno assunto oggi i parametri di monitoraggio e misurazione delle performance aziendali, che sono in grado di tenere sotto controllo le attuali criticità e di dettare la strada da perseguire. 

Nel report dell’Osservatorio Zucchetti HR 2023, sostanzialmente un’azienda su due pone particolare attenzione al tema del coinvolgimento e alla riduzione del turn over, a riprova che i temi di salute e sicurezza, così come quelli del benessere lavorativo, siano diventati centrali in un mercato del lavoro in cui trovare nuove figure, e mantenere le attuali, è diventato cruciale. Le organizzazioni che migliorano le loro prestazioni in materia di HSE riescono a non perdere lavoratori qualificati. Un turn over elevato fornisce un segnale forte della soddisfazione dei dipendenti (più di due milioni di dimissioni volontarie nel dopo pandemia).

Gli stessi lavoratori peraltro si è visto che abbandonano le aziende meno sensibili a queste tematiche per rivolgersi a organizzazioni che invece hanno già introdotto questi concetti e possono offrirli ai neo assunti, strappati alla concorrenza. Senza contare gli altri aspetti negativi: chi non migliora le proprie prestazioni HSE avrà impatti negativi sul marchio e sulla reputazione sui mercati di riferimento. Chiunque può ricordare che esistono organizzazioni che ormai sono più conosciute per gli incidenti sul lavoro che hanno avuto piuttosto che per i prodotti commercializzati (spesso ottimi, ma non per questo più appetibili).  

Non sorprende più quindi che la raccolta e la comunicazione dei dati in termini di sostenibilità (ESG), rappresenti da un lato una nuova sfida, anche per il mondo HSE, di cui è parte integrante. Misurare il miglioramento delle prestazioni, raccogliere dati e avere contezza della conformità normativa è il segno più evidente di un cambio della cultura della sicurezza e della prevenzione degli incidenti, che smette di fatto di fare proclami (ad es.zero infortuni) e passa concretamente alla misurazione e alla pubblicazione anche social dei dati reali, mettendosi a nudo, davanti alla società e agli azionisti. La persona viene posta al centro, considerata non solo nello specifico contesto dell’organizzazione ma anche rispetto a stakeholder e alla supply chain sempre più importante/determinante. L’ESG diventerà importante quindi non solo per le grandi aziende, ma anche per tutte le molte aziende più piccole che fanno parte della supply chain di grandi società. 

Cambiare (ancora) gli obiettivi (persona al centro) 

Partiamo da quello che abbiamo: sebbene il 62% delle aziende intervistate dall’Osservatorio Zucchetti HR dichiari di avere un sistema informatizzato per gestire gli adempimenti di salute e sicurezza, che diventa 81% se si guarda solo alle grandi aziende, i dati che vengono maggiormente monitorati rimangono quelli più classici e riferibili agli infortuni e agli incidenti. Dati che per quanto importanti e necessari, rimangono più riferiti al singolo episodio ma che non aiutano a comprendere l’effettiva capacità dell’organizzazione di migliorare e comprendere i processi di sicurezza (e di prevenzione). 

Proviamo invece ad andare verso il nuovo: il futuro della ESG deve invece obbligatoriamente passare dai temi della salute e sicurezza e i professionisti della safety avranno necessariamente un ruolo sempre più importante, anche se oggi non ne hanno piena contezza  

Appare quindi naturale credere che i concetti di sostenibilità passino in primis dai livelli che concretamente le organizzazioni potranno offrire in tema di salute e sicurezza e che l’operatività HSE si andrà ad integrare con la gestione ESG. Chi mantiene la conformità all’interno delle organizzazioni di fatto è chiamato a eliminare o mitigare il potenziale di perdita di immagine a favore degli investitori.  

I Dow Jones Sustainability Indecees (DJSJ), gli standard SASB, ma anche i rapporti ISTAT sul benessere equo e sostenibile hanno assunto importanza sempre maggiore e sono diventati indicatori di riferimento per tutto il mondo della finanza. Anche la questione ambientale, il controllo degli impatti sull’ambiente, i consumi energetici (ed energivori), le persone e il contesto della comunità rientrano a pieno titolo in queste logiche. 

Nuovi obiettivi quindi, in cui la funzione ESG sarà chiamata a estrarre dati, intelligence e risorse sia da tutta l’organizzazione, comprese le risorse umane, la manutenzione, la formazione, sia dai processi produttivi; come già detto è evidente che il RSPP/HSE Manager possa giocare un ruolo sempre più importante, perché gestisce alcune delle responsabilità principali, quali infortuni, malattie dei lavoratori, sicurezza dei prodotti e la protezione dell’intero contesto produttivo interno ed esterno.  

Non esiste confine tra SSL e ESG 

Quanto detto fino ad ora evidenzia che non vi è un confine così definito tra le attività di prevenzione e sicurezza e quelle più riconducibili alla sostenibilità. Gli RSPP/HSE manager si ritroveranno presto o tardi a gestire iniziative ESG (quelli delle aziende quotate in borsa lo fanno da anni) proprio perché molto del substrato ESG è caratterizzato da attività HSE.  

Occorre pensare ad un approccio gestionale su più livelli, in cui ad esempio inserire gli obiettivi di riduzione del protocollo sui gas serra (GHG protocol in inglese). Non è possibile raggiungere una cosiddetta “maturità ESG” se prima non vengono stabilite solide basi nella gestione HSE.  

Un esempio di approccio graduale può essere: 

Il 28 aprile Labour Day: arrivare alla gestione dei dati 

Ogni anno il 28 aprile, in tutto il mondo viene celebrata la giornata della sicurezza.  Quest’anno è importante provare a vincolare la giornata su temi concreti, come quelli della sostenibilità .

Nel 2025 entrerà in vigore la direttiva CSRD in materia di rendicontazione della sostenibilità. Gli obblighi di rendicontazione saranno estesi a una platea di organizzazioni molto più ampia che ricomprende anche i relativi appaltatori.

Le aziende coinvolte nella CSRD sono quelle che hanno i dipendenti ≥ 250 oppure il fatturato > € 40 Milioni oppure ancora il bilancio > € 20 Milioni. Se due di questi elementi sono presenti, la società sarà soggetta agli obblighi della Direttiva CSRD. Per arrivare al 2025 in maniera strutturata, appare fondamentale mettere in atto strategie, politiche e reportistiche fin da subito. 

Il tool ? Spesso esiste già 

Lo strumento spesso è già presente, soprattutto nelle organizzazioni più strutturate ed è rappresentato dal sistema di gestione per la salute e la sicurezza UNI ISO 45001.  

La forza dello strumento è chiaramente la valutazione delle prestazioni, quindi l’obiettivo finale non è solo la misurabilità delle performance ma anche quello del miglioramento continuo. Gli indicatori di misurazione sono visti come strumenti indispensabili per adottare un approccio al miglioramento continuo secondo gli stessi principi di misurazione dei modelli di rendicontazione non finanziaria (ad es. GRI e SASB). Gli indicatori del sistema, se correttamente implementati, sono già un buon cruscotto. 

La strada verso una gestione condivisa della salute e sicurezza, in ottica sostenibile, passa attraverso la nuova visione dell’importanza dei processi HSE e ESG come parte integrante del nuovo modello di business, che smette di essere un mero adempimento (o addirittura un costo) e diventa uno strumento di misurazione della cultura e dell’imprenditorialità manageriale dell’organizzazione. 

Ma tutto questo è già stato scritto molti anni fa, quando è stata redatta l’agenda 2030 delle Nazioni Unite. All’obiettivo 8 “Promuovere una crescita economica e duratura, inclusiva e sostenibile, la piena e produttiva occupazione e un lavoro dignitoso per tutti” è giusto ricordare la specifica del punto 8.8 “proteggere i diritti del lavoro e promuovere un ambiente sicuro e protetto di lavoro per tutti i lavoratori, compresi i lavoratori migranti, in particolare donne migranti, e quelli in lavoro precario” che parla a pieno titolo di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e chiama in causa i colleghi RSPP. 


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