Da alcune settimane c’è una nuova e più precisa normativa europea sull’orario di lavoro. Non se ne è parlato molto, per il semplice fatto che questa decisione della Corte UE, di fatto, va ad affermare quello che la maggior parte delle persone credeva già obbligatorio, interpretando in modo stringente quanto riportato dalla attuale direttiva sull’orario di lavoro.

La decisione della Corte prevede infatti che tutti gli Stati membri introducano l’obbligo di registrazione dell’orario di lavoro, iniziando dunque a misurare in modo preciso e costante l’orario di lavoro giornaliero e settimanale dei propri dipendenti.

Come si è arrivati a questa precisazione da parte della Corte UE?

Il sindacato contro la Deutsche Bank Sae

La nuova normativa europea sull’orario di lavoro ha origine da uno scontro tra il sindacato spagnolo Federación de Servicios de Comisiones Obreras e la Deutsche Bank Sae, istituto di credito con sede a Madrid facente parte del gruppo Deutsche Bank.

La faida è nata proprio intorno all’orario di lavoro, con il sindacato che si è rivolto alla Corte centrale spagnola affinché questa obbligasse l’istituto di credito a registrare in modo sistematico l’orario di lavoro giornaliero dei suoi lavoratori.

Solo attraverso uno strumento volto alla registrazione delle ore lavorate, infatti, è possibile verificare il rispetto degli orari di lavoro, nonché individuare con certezza le eventuali ore di lavoro straordinario non trasmesse ai sindacati. Da qui, dunque, la richiesta del sindacato, il quale ha portato a proprio favore quanto scritto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nella direttiva vigente sull’orario di lavoro, nonché nella carta normativa spagnola.

La difesa di Deutsche Bank è stata semplice: a dire dei legali dell’istituto di credito, il diritto nazionale spagnolo non prevederebbe l’obbligo di registrazione dell’orario di lavoro.

La decisione della Corte UE sull’orario di lavoro in Europa

Da parte sua, la Corte Spagnola ha riscontrato delle difficoltà nel prendere una decisione definitiva, affidando quindi la questione alla Corte di giustizia dell’Unione Europea.

Quest’ultima, sottolineando il diritto fondamentale di ogni lavoratore di avere una limitazione della durata massima del lavoro, nonché di avere dei congrui riposi giornalieri e settimanali, ha affermato che la determinazione certa, oggettiva, accessibile e affidabile delle ore lavorate a livello giornaliero e settimanale è fondamentale.

Solo così, ha precisato la Corte, è infatti possibile verificare che i periodi minimi di riposo siano rispettati. Di conseguenza, qualsiasi normativa nazionale che non prevede l’obbligo di registrazione dell’orario di lavoro non è idonea a garantire i diritti essenziali dei lavoratori: da qui, dunque, la precisazione dell’obbligo per tutti gli Stati membri, i quali devono imporre ai datori di lavoro l’utilizzo di un sistema oggettivo e affidabile per la misurazione e la registrazione delle ore lavorate, ad esempio un software per la gestione presenze.

L’orario di lavoro in Unione Europea

La Corte UE, dunque, ha fatto chiarezza sul comportamento che devono tenere i datori di lavoro in relazione al monitoraggio degli orari lavorativi. Ma quali sono i reali orari di lavoro in Europa? Quanto si lavora in media? Ebbene, la media dei 28 Stati UE è di circa 30 ore settimanali.

I Paesi più stacanovisti, ore alla mano, sarebbero Grecia ed Estonia, dove si lavorano in media 33 ore settimanali, seguite da Irlanda, Portogallo e Italia. La Germania, invece, risulta essere il Paese in cui l’orario settimanale è più ridotto, fermandosi a una media di 26 ore.