Lo si è capito fin da marzo: lo smart working è l’unica soluzione possibile per continuare l’attività lavorativa, quindi per non bloccare interamente il Paese, pur riducendo al minimo la possibilità di contagio.

Per questo motivo, di pari passo all’aggravarsi della pandemia nelle ultime settimane, è andata aumentando la fetta di lavoratori in smart working, ossia di dipendenti che sono tornati ad abbracciare il lavoro agile già intrapreso nei mesi scorsi. In particolar modo il governo, con gli ultimi decreti, ha disposto lo smart working per le PA, le quali ormai sono obbligate ad applicare il lavoro agile in tutti i casi in cui questo risulti possibile.

Smart working e pubblica amministrazione: dal decreto rilancio in poi

Nelle ultime settimane le regole relative al lavoro agile, e nello specifico quelle relative allo smart working per la pubblica amministrazione, hanno subito diversi cambiamenti.

Di fronte al continuo aumento dei casi di Coronavirus, soprattutto in regioni come la Lombardia, il Piemonte, la Campania e la Toscana, il 20 ottobre la ministra della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone ha firmato il decreto ministeriale sullo smart working. Con questo provvedimento il governo è andato a mettere in moto quanto previsto dal decreto Rilancio, alla luce di quanto già inserito nei Dpcm del 13 e del 18 ottobre: in sintesi, per cercare di scongiurare un nuovo lockdown, ogni pubblica amministrazione è stata obbligata a implementare lo smart working per almeno il 50% del personale impiegato in attività che possono essere svolte da remoto.

Questo, però, è stato solamente il primo passo, con un’ulteriore stretta arrivata con il Dpcm entrato in vigore il 6 novembre. Eccezione fatta per il personale impegnato nell’affrontare l’emergenza sanitaria, infatti, a partire da tale data le pubbliche amministrazioni sono obbligate a garantire “le percentuali più elevate possibili di lavoro agile”. Lasciate alle spalle le percentuali minime, a partire dal 6 novembre sta a ogni dirigente assicurare il livello massimo di lavoro agile.

Di fronte a questa nuova direttiva per lo smart working delle pubbliche amministrazioni si torna quindi, eccezion fatta per casi particolari, alla massima adozione del lavoro da remoto, modalità che sembra ormai avere messo le radici. Anche il servizio pubblico, così come le imprese private, è chiamato ora a sfruttare al meglio le opportunità del lavoro agile, dotandosi di apposite soluzioni in cloud per il lavoro da remoto.

Le migliori soluzioni per lo smart working per le PA

Indubbiamente quello che si è conosciuto nel 2020 è, per lo più, uno smart working emergenziale, introdotto quindi in modo improvviso e solo parzialmente pianificato.

Una cosa, però, è certa: le imprese, le pubbliche amministrazioni e gli stessi dipendenti hanno ormai colto appieno i vantaggi del lavoro agile, come la riduzione dei costi, la maggiore flessibilità, un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata e così via. Si capisce quindi che, anche nel momento in cui l’emergenza sanitaria verrà lasciata alle spalle, lo smart working continuerà a essere un elemento fondamentale nella quotidianità delle PA.

Dotarsi di soluzioni in cloud per la gestione del lavoro da remoto diventa quindi indispensabile per l’immediato come per il futuro. Ma cosa significa, per una pubblica amministrazione, ottimizzare la gestione dello smart working? Vuol dire, per esempio, dotarsi di gestionali in grado di rilevare le presenze anche durante il lavoro agile, di piattaforme per la gestione delle attività da remoto, di software evoluti per la sorveglianza sanitaria, e via dicendo. Solo in questo modo lo smart working può diventare davvero “intelligente” ed efficiente.